mercoledì 1 febbraio 2012

IL CORPO E LA METAFORA

Articolo scritto dal Dott. Roberto Ausilio – Psicologo roberto@ausilio.org www.ausilio.org 


Il corpo negli ultimi anni è diventato importante oggetto di studio e ricerca per le scienze umane e sociali che, a seconda dei contesti e degli approcci teorico-metodologici, ne hanno sottolineato ed approfondito aspetti peculiari.
Il discorso su corpo e metafora apre gli orizzonti a infiniti scenari e interessanti spunti applicativi per la Psicoterapia e la Psicologia della Salute.
Secondo le più recenti teorie della metafora, si può affermare che tutto il nostro linguaggio è strutturato secondo metafore e che anche il nostro pensiero è di tipo prevalentemente metaforico. Siamo così dentro questo mondo metaforico da non renderci neanche conto dei concetti organizzati per metafore. Ad esempio la metafora concettuale “il tempo è denaro” struttura moltissime espressioni linguistiche ed è testimoniata da frasi come “mi stai facendo perdere tempo”, “in questo modo risparmieremo risparmieremo alcune ore”, “questa gomma a terra mi è costata un’ora”, ecc. Nella nostra cultura il tempo è una merce pregiata che utilizziamo per raggiungere degli scopi, e nello stesso modo in cui agiamo come se il tempo fosse realmente denaro, così concepiamo il tempo allo stesso modo. 

Il lavoro come Psicologo e conduttore di gruppi di consapevolezza corporea mi offre alcuni spunti di riflessione sull’utilizzo delle metafore corporee nei contesti della promozione della salute. Il nostro corpo è plasmabile in modalità potenzialmente infinite e può diventare qualsiasi cosa si desideri, corpo-tempio del nostro benessere o corpo-spazzatura del nostro malessere, corpo-piacere o corpo-dolore con ampie sfumature metaforiche e gradi di libertà in cui danzano natura e cultura, contingente e necessario, ordine e caos. 
Anche rispetto al corpo, infatti, il nostro linguaggio veicola e struttura concetti ed espressioni che sono in grado di influire sul nostro benessere o malessere personali. Non solo, ma la maggior parte delle metafore che inconsapevolmente usiamo per rappresentarci il mondo sono tratte dall’esperienza sensoriale e corporeo-spaziale. 
Si pensi al fatto che ogni nostra emozione presenta contemporaneamente aspetti corporei e mentali. Ad esempio nell’emozione della rabbia si verifica un pattern espressivo-motorio peculiare e siamo tutti in grado di riconoscere immediatamente un’espressione aggressiva dalla presenza di denti digrignati, naso arricciato e narici dilatate, occhi fiammeggianti, busto proteso in avanti pronto ad attaccare, il rossore del volto, ecc. A livello linguistico ci si riferisce all’emozione della rabbia con espressioni metaforiche che rimandano ad una dimensione corporea e spaziale. Per esempio diciamo che una persona “non ci vede più dalla rabbia” oppure “è accecata dalla rabbia”, indicando un importante aspetto psicofisiologico dell’emozione, cioè l’irrorazione sanguigna degli occhi e l’innalzamento del livello energetico verso la testa. 
In Bioenergetica la rabbia è considerata un’emozione importante dato che serve a conservare e proteggere l’integrità fisica e psicologica dell’organismo, e senza la rabbia saremmo indifesi rispetto agli attacchi esterni. La possibilità di esprimere la propria rabbia in maniera adeguata e non distruttiva rappresenta un obiettivo importante della terapia psico-corporea affinché la persona recuperi la propria integrità mente-corpo.
A livello psicologico la rabbia, se repressa per troppo tempo, può far “perdere la testa”, cioè far perdere il controllo cosciente e, da emozione positiva con una funzione di protezione dell’Io, può tramutarsi in una furia distruttrice, cioè in furore. Il furore è rappresentato metaforicamente come un turbine o un tornado che distrugge tutto ciò che incontra. A differenza della rabbia, il furore non è efficace né adeguato, dato che non è selettivo rispetto ad uno stimolo e spinge ad azioni di cui successivamente ci si pente. 
La terapia psico-corporea dunque non spinge all’acting out, cioè all’espressione reale dell’aggressività, ad esempio nei confronti dei genitori. Piuttosto essa fornisce un contesto protetto in cui la persona può fare esperienza della propria rabbia ed entrare profondamente in contatto con essa, con le sue cause e sperimentare modalità metaforiche per esprimere l’aggressività. In questo caso la cornice metaforica del “come se” offerta dal setting terapeutico, consente di vivere realmente in profondità le emozioni, ma allo stesso tempo offre la possibilità di giocare, cioè di integrarle positivamente nella vita quotidiana e recuperare la piena vitalità corporea e psicologica. La metafora può essere considerata un ponte tra mondi, un regno liminare che introduce il “come se” del gioco e nella sua plasmabilità costruzionista permette profonde possibilità di cambiamento. G. Bateson si era interessato al grande tema del gioco come spazio delle possibilità evolutive e cornice in cui sviluppare una consapevolezza meta-contestuale. L’autore evidenzia come il gioco permetta di esplorare territori che altrimenti rimarrebbero in ombra e consenta di apprendere e di “apprendere ad apprendere”, cioè riflettere sull’esperienza svolta. 
L’utilizzo delle metafore corporee può essere considerata un gioco comunicativo e può venire proficuamente integrata nella terapia psico-corporea e nei gruppo di promozione della salute. Il gioco è per definizione chiuso-aperto, cioè delimitato da un frame (cornice) in cui è possibile l’apertura e la libera espressione. In esso la persona non è rigidamente incastrata in ruoli e prospettive perentoriamente definite, ma grazie alla comunicazione il gioco è suscettibile di rinegoziazione all’interno della relazione. Ecco dunque che il gioco del corpo-metafora si configura come strumento eccezionale di cambiamento, crescita e consapevolezza. La metafora si presta non solo ad interpretazioni razionali, ma in effetti essa parla direttamente anche all’inconscio, a quella parte di noi che sfugge al controllo cosciente e che fa da sfondo alla nostra vita. 
Se consideriamo alcune espressioni comuni nel nostro linguaggio di tutti i giorni, ci rendiamo conto che molto spesso per comunicare i nostri sentimenti e le nostre emozioni ricorriamo a metafore corporee o che rimandano all’esperienza corporea e sensoriale. 
Ad esempio quando di una persona diciamo che ha “i piedi per terra” intendiamo dire che è in contatto con la realtà, è una persona pratica che riesce a muoversi efficacemente nei contesti sociali e che soprattutto è in contatto con se stessa, le emozioni e la propria realtà corporea. In Bioenergetica essere con i piedi ben piantati per terra significa essere in “grounding”, cioè riuscire ad essere consapevoli di se stessi nel momento presente, sentirsi ben radicati nelle gambe e psicologicamente avere un Io ben strutturato e allo stesso tempo flessibile e adattabile alla vita. In effetti questa espressione metaforica designa anche un atteggiamento posturale e psico-corporeo, un modo di essere che diviene un tratto del carattere della persona. 
Al contrario “avere la testa tra le nuvole” è un’espressione che si riferisce ad una persona che è impegnata cognitivamente in qualcos’altro rispetto a ciò che avviene nel presente. Magari la persona si lascia andare ai suoi sogni, ai ricordi del passato o alle aspettative del futuro. Questo stato sognante è uno stato di scissione mente-corpo: la persona con la testa tra le nuvole non è radicata nella realtà fisica del proprio corpo e non è consapevole di ciò che le sta intorno. Infatti la persona in questione sarà facilmente soggetta a dimenticanze, incidenti e situazioni spiacevoli, si troverà ad un certo punto a chiedersi “ma come ho fatto a finire qui?”. A livello bioenergetico la persona con scarso grounding è quella che non sente le gambe e i piedi, e il cui radicamento sia psicologico che corporeo alla terra/realtà è scarso o compromesso. In questo caso la terapia individuale o l’esperienza del gruppo sono d’aiuto nel riportare la persona in contatto con se stessa e con la realtà, rafforzando l’Io e consentendo una maggiore possibilità di espressione delle proprie emozioni in maniera integrata e consona al contesto. Questo obiettivo passa attraverso una sorta di “scongelamento” dei blocchi corporei e psicologici e attraverso la presa di coscienza del proprio dolore e della propria rabbia. 
Se mi “rode il fegato” dalla rabbia, probabilmente non è solo un modo di dire, come si sa da sempre in Medicina Cinese ed è attualmente riconosciuto anche nella nostra Medicina Psicosomatica. La repressione di un’emozione così importante ha certamente dei correlati a livello psicofisiologico e può predisporre a malattie come l’ulcera e la gastrite. 
Le emozioni che proviamo non solo hanno una stretta relazione con il nostro benessere o malessere psicologico ma, data l’evidente e spesso dimenticata integrazione mente-corpo, esse influenzano in modo diretto anche il benessere corporeo. 
Interessante a questo proposito sono le metafore corporee che riguardano situazioni di stress cronico. L’espressione “stringere i denti” si traduce non solo nell’atteggiamento mentale di colui che mette in secondo piano il proprio benessere del momento attuale per il raggiungimento di un obiettivo futuro, ma si concretizza nel corpo a livello della mascella e del distretto temporo-mandibolare e dei muscoli della masticazione che si irrigidiscono in maniera spasmodica in contratture cronicizzate. E’ molto frequente la tendenza ad accumulare nella zona oro-labiale tensione e stress quotidiano. Anche in questo caso si tratta soprattutto di rabbia che, per venire repressa, deve tramutarsi in contrazione muscolare, con l’obiettivo di posticiparne l’espressione che in quel momento sarebbe disfunzionale e controproducente per la persona. Quando questa emozione viene repressa in maniera continua e non trova alcuna possibilità di manifestarsi, allora la tensione diviene cronica e si struttura nella personalità: ecco il blocco psico-corporeo. 
Durante la terapia individuale o la partecipazione ad un gruppo di Bioenergetica possiamo diventare consapevoli, attraverso il gioco psico-corporeo e l’uso delle metafore, delle nostre tensioni in questa distretto muscolare e cominciare a comprendere la complessità delle relazioni tra corpo, emozioni e linguaggio. 
Ad esempio una persona che partecipa al gioco della metafora corporea “stringi i denti” sperimenta una serie di sensazioni complesse che toccano varie sfere della sua persona. Vengono portati alla consapevolezza delle costellazioni emotive relative al posporre il proprio piacere e benessere per dare la precedenza alle esigenze altrui o alle circostanze. La persona si confronta con il significato che ha per lei il senso del dovere, fino a che punto è sempre necessario “stringere i denti” e quanto in realtà ci facciamo carnefici di noi stessi creando tensione anche quando tale tensione diventa non necessaria o disfunzionale. La tensione della mascella si evidenzia a livello corporeo, si segnala con il dolore e il dolore a sua volta segnala un’emozione spiacevole. La persona diventa consapevole di questo cerchio infinito mente-corpo-emozione e pian piano impara a sciogliere le contratture della mascella provocando una tensione volontaria a cui segue il rilassamento. 
Da una semplice esperienza come questa, presentata sotto forma di gioco, è possibile esplorare notevoli livelli personali e trovare nuovi spunti per una rielaborazione dinamica e una ri-narrazione anche terapeutica della propria storia personale. Durante un gruppo di consapevolezza psico-corporea non approfondiamo gli aspetti psico-dinamici delle singole esperienze, cosa che invece avviene durante la terapia individuale. Piuttosto nel gruppo lo Psicologo contiene ed accompagna le persone a trovare il proprio senso ai vissuti. L’interpretazione è praticamente del tutto assente: è il corpo a parlare e si facilitano processi di auto-evoluzione e guarigione, accompagnando verso una comprensione maggiore delle relazioni tra aspetti apparentemente così lontani. 
In questo modo la Bioenergetica, opportunamente integrata con le Arti-terapie e con l’uso consapevole del linguaggio soprattutto nella sua forma “magica” della metafora, è potenzialmente in grado di facilitare processi di crescita e consapevolezza per il miglioramento della qualità della vita, delle relazioni interpersonali e del proprio benessere e capacità di provare piacere. Scompare gradualmente il ruolo del paziente, del corpo e della mente come semplici oggetti di conoscenza, scompare la seriosità e il percorso lineare, per lasciare posto alla responsabilizzazione della persona come soggetto promotore del proprio benessere. Lo Psicologo diviene così un accompagnatore e un ludico facilitatore di processi di cambiamento che interessano la persona nel suo indissociabile complesso mente-corpo. 



CACCIARI C. (a cura di), (1991) Teorie della metafora. L’acquisizione, la comprensione e l’uso del linguaggio figurato, Cortina Editore, Roma. 
Bateson, G. (1976), Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano. 
Lowen, A. (1994), Arrendersi al corpo, Astrolabio Milano, 1996. 

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